Ogni tanto faccio fatica lo ammetto a non perdere di vista il senso reale delle cose. E’ difficile non sostituire le cose con noi stessi così che diventano tutte che bravo che sono, che povero che sono, che stronzo che sono, che onesto che sono eccecc. A volte sembra proprio che quello che siamo si espanda all’infinito inglobando tutto e tutti, una cosa orribile. Gli altri solo prove a carico oppure a discarico, i rapporti solo bottini conquistati o rubati. Abbiamo bisogno di scalpi da appendere alla cintura, e fossero almeno una scopata, ma no. Sono il borbottio dei nostri pensieri su noi stessi e non capisco se sono la sola ad esserne terrificata. Ripensavo a questo inverno, a come tutto è diventato solo mio, la commozione, le paure, la legna, i panini davanti alla tv, il gatto che vomita, la porta che non chiude, i momenti di buon umore, la musica. L’ostinazione a cercare cose vere, persone che lavavano i piatti assieme a me e che mi sorridevano e che mi toglievano i capelli dalla faccia quando avevo le mani insaponate. Persone che non stavano lì sul loro trono di spine o dietro le staccionate a vedere se sono guarita, se sono addomesticata, se sono ragionevole, se sono generosa. Persone che non vincerebbero nessun concorso su "Azzurra, vita morte e miracoli" . Ed è un po’ difficile, in certi momenti, non rimpiangere o non dire ma non è giusto…è come se una voce subdola mi richiamasse lì nel mio ovattato mondo a giocare di nuovo alla Piccola Fiammiferaia o alla Fatina delle Lucciole, un’immagnaria partita a scacchi giocata nemmeno con dei pezzi reali ma solo con la descrizione delle mosse. Ma, mi hanno insegnato, le vocine infide si sovrastano facilmente con le voci vere.