C’era un’ospite in questi giorni, una signora che pesa 118 kg. E non parlava d’altro se non del suo corpo e di quel grasso che l’avvolge, come se parlarne in continuazione potesse in qualche modo scioglierlo davanti a noi, come se le sue parole avessero il potere di farci immaginare le ossa.
E nel suo occupare così tanto spazio c’era qualcosa di prepotente e nello stesso tempo inerme, la conquista dello spazio pagata con la lentezza, la goffaggine di ogni gesto, l’impossibilità di fuggire velocemente.
Come se davanti alla vita ed al dolore lei potesse opporre solo questo, il diventare sempre più grande, immensa.
E tutti abbiamo pensato a Sabrina ed ai suoi 30 kg, a come invece lei cercasse di penetrare  attraverso l’esistenza aprendosi varchi quasi invisibili con le sue ossa aguzze ma, una volta passata di là, si accorgesse sempre che il suo inseguitore l’aveva seguita, e dovesse fuggire di nuovo.
Ma noi no, non riusciremo a raggiungerle.