Ho cambiato la disposizione dei mobili in soggiorno; molte cose sono finite in cantina, molte altre nella discarica pubblica.
I rumori sono stati gli ultimi a sparire, i rumori della cantina, ma alla fine se ne sono andati anche loro.
Un pezzetto alla volta, cominciando dal garage, agli angoli in giardino, ai divani della mansarda.
Ogni tanto penso allo scartavetrare di Emi e sorrido; sarà che siamo nate lo stesso giorno.
Entrambe possiamo anche buttare via un regalo, ma non lo lasceremmo mai ricoprirsi di polvere dimenticato in qualche cassetto o su qualche scaffale del ripostiglio.

Se si potesse prendere una parola e sfregarla a lungo fino a togliere tutte le ditate unticce che ci hanno lasciato allora potrei dire che Chiara è dolce.
E' alta e magra e flessuosa ed ha l'eleganza e i colori di un salice. Dipinge cose delicate come lei e le sue mani sembrano accarezzare sia che stia disegnando sia che metta le lenzuola sporche in lavatrice.
L'ho vista in una riunione opporsi, un muro di suoni e colori garbati ma insuperabili e l'ho ammirata.
Anni fa è stata aggredita pesantemente ma non ha cambiato lavoro. Incrocia ancora lo sguardo di quello che poteva ammazzarla ed è uno sguardo sereno.

Ecco, era per dire che io non sono misogina. Se disprezzo la maggior parte delle donne, quelle che ammiro le amo davvero.

Mi incontro in un bar con amicabella ed amicagrossa che non si vedono da anni. Sono sempre state agli antipodi non solo fisicamente: una molto femminile e l'altra molto femminista, la prima con una perniciosa tendenza a tutto ciò che è mistico e new age e la seconda solidamente razionale e scientifica. Si scambiano un sacco di maperteiltemposièfermato! mentre noto che hanno la stessa sfumatura rossiccia di capelli. Ramato, si chiama ramato.
Si informano sui rispettivi mariti, che entrambe disprezzano e tradiscono da anni e sui rispettivi figli, dei quali a nessuna delle due importa granchè (dei propri intendo). Figli che danno molte preoccupazioni. Mariti sempre più presi dai loro lavori e dalle loro nevrosi e sempre più indifferenti ed incapaci di dolcezza.
C'è un nuovo prodotto che sembra fare miracoli per la cellulite.
Entrambe hanno letto Accabadora.
Tutte e due hanno un account facebook manonhocentinaiadiamicisoloipiùstretti.
Mentre siamo lì entrambe ricevono e spediscono qualche sms.
Entrambe chiamano i mariti per dire che faranno un salto al supermercato, manca qualcosa?

Io, che non telefono mai a nessuno, arrivo a casa e chiamo Anna.

Così passano le vituperate feste, quelle in cui molti non sono con chi vorrebbero ma con chi devono ed altri leccano la loro solitudine come un piatto sporco di avanzi, ed altri ancora condensano in un messaggio o in un bigliettino di auguri tutta la loro assenza (di sè, di sentimenti, di coraggio, ognuno la sua) ,  quelle in cui si sbircia l'orologio di affetti a tempo.
Le feste in cui il lessico diventa il filtro asettico ed infallibile della  famiglia e per il quale alla fine puoi anche dire è stato un bel natale ed essere sincero perchè la conta è stata buona.
La quotidianità come una impalcatura di legno solido e che tra poche ore verrà spogliata da addobbi ed abbracci ed involucri colorati dei pacchetti e resterà lì, sobria ed affidabile e con un buon odore.
Legami che tengono in piedi il mondo.

Ed ho avuto un pensiero riguardo al bambino interiore, al riappacificarsi ed alle promesse.
Ho pensato che voglia dire far sì che il proprio passato sia, da un certo momento in poi, non più negoziabile. Assolutamente non più negoziabile. Avvilente è riportarlo ogni giorno a contrattare cercando di accappararsi una visione più dolce o più indulgente, offrirlo in pasto o al contrario lusingarlo, cercare di cambiare noi nel passato per sopravvivere al presente.
Ma in un momento qualsiasi bisogna smettere di farlo; anche se il tuo ricordo principale fosse un abitino rosso che nella realtà non hai mai indossato, beh, tieni o strappi quella fotografia, la ami o la odi o la temi, non importa.
Ma non è più negoziabile.

Ci sono situazioni in cui qualunque cosa tu faccia sbagli, o almeno se non sei una stupida sbagli. O se non altro foraggi una parte di te che preferiresti ignorare. Oppure la sensazione che tu stia usando gli altri è qualcosa più di un sospetto. Fantastichi di salire su una sedia e confessare che inganno sia anna dei miracoli, qualcosa del genere.
Se non sei una stupida.
Le implicazioni ti rotolano addosso come caramelle succhiate, appiccicose.
Quasi avresti preferito che marco non avesse detto hai indovinato, quasi ti sei vergognata.
Hai giurato a te stessa che non esiste proprio che farai quel corso.
Domani mi compero un manuale per riconoscere gli uccelli ed un binocolo, ecco cosa hai pensato.
Ho sognato che mi tingevo i capelli rosso bordeaux: il mio sceneggiatore sarà anche un'anima semplice, ma non è stupido.

Ieri sera ero da sola alla cds e pensavo che è bello avere un sogno anche se non è probabile che si realizzi.
Pensavo che non ne so della follia più di quanto ne sapessi cinque anni fa ma ne so infinitamente di più di persone e dei loro cibi preferiti e di elenchi ed idiosincrasie, so riconoscere chi ho alle spalle senza girarmi e senza bisogno di sentirlo parlare, ho imparato a capire seguendo il loro sguardo, all'inizio banalmente quando si posava sul vassoio dei dolci, ma poi quell'apparente vagare casuale  è diventato un linguaggio e tutto è diventato una lingua, la maglia indossata al contrario ed il posto a tavola, la ciocca di capelli tagliati, i piedi scalzi, ogni cosa.

Il tempo è sempre stato un mio alleato, non so capire le cose se non dipanate, una volta usavo la parola storia ma narrazione è molto più bello ed appropriato. Solo il tempo mi ha reso possibile narrare (e narrarmi), mi sono innamorata del tempo su quel fosso e lui mi ha ricambiata e siamo stati reciprocamente fedeli. Entrambi manteniamo le promesse.

In un modo che non so spiegare i pazzi capiscono l'orgoglio, e lo amano. Sanno che nelle loro esistenze la dignità è qualcosa di molle e troppo spesso mangiucchiato, un premio di consolazione di nessun valore con un nome altisonante. Ma l'orogoglio, quello non può essere rosicchiato dai topi della mente nè dai gabbiani che ti girano attorno. Non puoi contrattarlo nè rinegoziarlo: l'orgoglio è il nucleo luminoso del tempo, il pegno di un patto d'onore.

Che carta hai preso per i regali quest'anno, è una sorpresa? mi chiede Ivano.
Io non è che detesto quelli che oddio che angoscia i regali di natale o quelli che in serie al centro commerciale la vigilia o quelli con l'alberello finto tanto per il segno, io non li capisco. Non capisco quale tipo di conformismo costringa alla sciatteria anche quando sarebbe tranquillamente evitabile.
Un anno ho ricevuto un regalo avvolto nella carta rossa.
I pazzi riconoscono la sciatteria a chilometri di distanza, come potrebbe essere diversamente?
Ma il suo contrario, quello, quello non solo lo riconoscono, lo capiscono.

Credo che il chiacchericcio altrui mi sia così fastidioso perchè intuisco che rispecchia un identico chiacchericcio interiore. Ho riletto Aspettando i barbari, e mi sembra di capire Kavafis ogni giorno di più.

E ora, che sarà di noi senza i Barbari?
Loro erano comunque una soluzione.

Ci sono i barbari anche dentro di noi, non è vero? Indifferenti all'eleganza ed alla retorica scenderanno implacabili e porteranno quella distruzione che non possiamo, in nessun modo possiamo evitare.
Possiamo solo sperare di blandirli con appellazioni onorifiche e titoli e forse abbagliarli con il luccichio dei nostri gioielli. La nostra grossa scimmia primitiva e feroce.

La gente aspetta la legge dei Barbari ed oltre alla rassegnazione c'è forse un brivido di eccitazione di fronte alla forza selvaggia ed inappellabile.
Sarebbe inutile legiferare,i Barbari porteranno la loro legge.

La resa rimane vile anche quando si traveste da saggezza o da buon senso.
E se poi succede che i barbari non arrivino, la resa diventa lo sberleffo di una vita.

Il disprezzo non è una categoria del sentire a cui io sia molto incline e non tanto per il nihil umanum mihi alienum puto ma perchè, al contrario, ho raramente bisogno di specchiarmi negli altri per prendere le distanza da me stessa.
Così accade che quando lo provo io abbia qualche difficoltà a riconoscerlo, e bisogna che per farlo mi sovvenga l'etimo stesso del termine: nel momento stesso in cui io penso a qualcuno in termine di pretium il dis è già implicito.

L'inverno è la stagione che porta più ricordi, sono atmosfere invernali che hanno scandito la mia vita, l'orologio interiore di trine ed odori, e luci.
Le luci dei lampioni davanti alla stazione alle 7 di sera sfrangiate dalla neve ed indumenti troppo leggeri.
L'odore di lana bagnata e fumo in un bar.
Le luci dei baracconi del luna park che si riflettono sui volti.
Io che cammino sola tra le bancarelle della fiera due anni fa, l'odore umidiccio dell'ipocrisia che si asciuga nel vento freddo, il sollievo.
La perfezione fugace di un momento davanti ad una vetrina natalizia.
I regali, storia.
Le ora nelle librerie.
Sono invecchiata assieme alle mie decorazioni natalizie, pochi possono dire di avere avuto altrettanta fortuna, mi sembra.