Così avendo ormai raggiunto i 30 anni sono tornata a parlare per conto mio che non è come parlare da soli, al contrario. Parlare da soli è quando ti sforzi di parlare come gli altri o anche quello che dicono di fare quelli che vogliono sembrare originali ed un po’ stravaganti ma questa è un’altra questione, anche un po’ scema. Tutta quella faccenda della comunicazone, una cazzata; so un sacco di cose sulla comunicazione, quelle serie intendo scritte da gente seria, se mi concentro mi vengono in mente quasi tutte e faccio bella figura, ma questo non vuol dire che io sia mai diventata così cretina da non sapere che la comunicazione non esiste. Uno se ne sta lì tranquillo e parla per conto suo ed è un po’ come fare le bolle di sapone che poi ci guardi dietro, magari ti fissi con una in particolare e la segui e ci guardi le cose attraverso  dici ma guarda che bello, guarda che riflessi, e sei contento. Di più, sinceramente, non mi sembra che possa esserci. Delle volte penso che lo sappiano tutti e delle altre che non se ne accorga nessuno, dipende da che umore sono, ma siccome tanto non mi cambia niente non ci ho mai perso il sonno. Devo dire che da quando ho ricominciato a parlare per conto mio mi annoio di meno; a me interessano molte cose ma quasi nessuna ha a che fare che so, con gli ebrei, o con l’amore, con la penicilina, con i dolori mestruali o con il riscaldamento globale. Forse un po’ con la penicillina, ma non molto. Mi piace anche ascoltare la gente ma solo quando parla per conto suo e non è che succeda di frequente, ammetterete. La gente anzi fa di tutto per convincerti che sta parlando proprio con te che, non le direbbe proprio a NESSUN altro che non fossi tu, quelle cose: è così che rovina tutto ma non glielo puoi dire. Per via dei segreti, ovviamente. Tenere a bada la gente non è questa gran cosa che può sembrare, la maggior parte si sforza di mantenere qualcosa di fanciullesco che ho sempre immaginato che nelle loro  intenzioni significhi essere freschi, ingenui ed innocenti ma che in realtà li rende complessi ed astrusi più o meno come il punto croce. Che è facile da fare perfino con le foglie e non serve aggiungere altro.

Io sono sempre stata quella dei segreti, non lo so perchè non ricordo di averlo mai scelto, è semplicemente adata così. Ero una a cui si confidavano i segreti, come se la realtà fosse una cosa fragile che la maggior parte delle persone avrebbe rotto solo guardandola e poi ci si sarebbe pure tagliata, allora era meglio se la tenevo io. Io accettavo tanto avevo Sara che non ha mai permesso che qualcosa andasse rotto o sciupato e non si è mai sbagliata a riporre le cose, le mie in un posto, quelle degli altri in un altro, nessuna possibilità di errore o confusione. Quando la gente ti dice un segreto poi un po’ ti odia, lo capisce chiunque. Ed è anche un po’ preoccupata che un giorno chissà perchè ti venga il nervoso e vai davanti alla loro porta e rovesci di malagrazia il contenuto della cesta e dici riprenditi le tue cazzo di cose. Questo perchè loro lo farebbero, pensano. Non che a me non sia mai venuta la tentazione. Ma quando mi viene apro la cesta e guardo i segreti e penso che loro non hanno mica colpa di niente. La gente li tratta sempre come fossero dei figli nati male, che li amano ma se non nascevano la loro vita era diversa ed era meglio anche per il figlio stesso in fin dei conti. Ed è così che poi nascono le tragedie ed allora è meglio che i segreti stiano dove stanno. Che se ci sono tutte quelle ceste, un motivo ci sarà.

Oggi ho parlato di onore, di lealtà; sarà che non me le hanno stropicciate troppo ma a me queste parole piacciono. La dignità, quella mi piace meno, mi sembra che la gente sia sempre lì a palpeggiarsela come un vecchio ipocondriaco farebbe con la sua pancia molle, cose così. L’onore e la lealtà invece sono smilzi e  silenziosi e non si tagliano le braccia. Quando ero piccola ero convinta che i cinesi avessero un grandissimo senso dell’onore e le ballerine cinesi ancora di più, avevo 7 anni e costruivo dei pugnali di legno bellissimi; se non fossi stata matta come un cavallo magari avrei fatto l’artigiana, anzichè recitare tre volte al giorno il suicidio di una cortigiana (ma allora non sapevo si chiamassero così e la chiamavo La Donna). Costruivo molte cose ed ero capace di ricamare con le foglie che non è una cosa facile, perchè la manualità è come quell’altra faccenda del cibo, non è che a me diano fastidio di per sè, ma da piccola trovavo insopportabile l’uso che la gente faceva di entrambi e poi mi è rimasta l’abitudine di tenermene alla larga. In realtà trovavo insopportabile il modo in cui la gente faceva un’infinità di cose, a molte mi è toccato abituarmici ma insomma, entuasiasta non lo sono mai diventata ecco.
Poi sono diventata sana di mente, sostanzialmente per un motivo banale, volevo un figlio più di ogni altra cosa al mondo e fin da piccola sapevo che se fossi rimasta pazza non sarebbe stato facile. Nemmeno per lui voglio dire, ammesso fossi riuscita a farlo. Così avevo fatto degli elaborati calcoli e li avevo pure scritti per non sbagliarmi, e siccome avevo 10 anni secondo me dovevo rimanere sana di mente almeno fino ai 30, insomma un ‘età avanzatissima nella quale mio figlio sarebbe già stato adulto, sposato e quel genere di cose, ed avrei potuto finalmente tornare alla normalità. Vent’anni a 10 anni sembrano un periodo di tempo lunghissimo. Ma per me, riuscirci, era una questione di onore.

Ti alzi e brandelli di fantasmi ed orchi rimangono tra le lenzuola, qualche pezzo ti si è appiccicato addosso e ne senti l’odore scendendo le scale, preparando il caffè. I sentimenti se ne stanno raggomitolati sotto il letto tremanti e sudaticci, non sopporti la vista della loro incontinenza e dell’impudicizia ma anche se distogli lo sguardo ti raggiunge il rumore, come uno sciacquettio di acqua sporca. Sarebbe facile annegare in quel centimetro di liquido stagnante, pensi, dirti ci ho provato, dirti è il mio destino. Sarebbe facile prendere la bambina ed annegarla lì e dirle è per il tuo bene. Sussurrarle eri malata. Guardarla controrcersi nell’agonia con la  segreta speranza che altri vedano la sua morte nuda e che questo sia il suo riscatto. La sua vendetta.
Indossare finalmente gioielli (ah, figlio saggio!) e dirsi sei troppo grande, adesso, per scendere a percorrere con le dita le pareti umide della cantina, adesso lo sai che non sarà sufficente a saziare nessun mostro.
Sarebbe facile dire vestimi, indosserò qualunque abito, che importa se mi è corto è largo, che importa se non è pulito o se puzza, le madri sono imperfette qualche volta e ti scambiano con qualcun altro, figurati gli altri.

Ma io ho dei debiti verso la vita, grazie al cielo, e non lo farò.