Il Salta scrive un bel post sulla sincerità. Al giorno d’oggi essere sinceri pare quasi sinonimo di essere  stupidi o ben che ti vada ingenui, naif. Il che in un certo senso è vero, che siamo tutti ben consapevoli che spesso le cose sono sfumate, indistinte, complesse. Capita ad esempio di essere convinti per lungo tempo di volere una cosa e poi, quando la possibilità di averla diventa concreta, essere presi dai dubbi. Vedendola da vicino è un po’ diversa, vedendola da vicino non sai più, vedendola da vicino è un po’ come quando hai visto per settimane un vestito in vetrina e sei convinto che è l’abito dei tuoi sogni, poi un giorno ti decidi ad entrare, lo provi, lo tocchi…ed esci dicendo ci penso ancora un po’, caso mai ripasso, grazie. Era più bello sognare davanti alla vetrina, è successo a tutti no? Allora ci diciamo che se la verità non esiste, non può esistere nemmeno la sincerità. Che puoi dire una cosa ed il suo contrario ed in un certo senso sono vere entrambe, perchè le hai pensate entrambe. Che le cose diventano vere a seconda della persona a cui le dici.  E capita anche che tu ti ritrovi al centro di una sorta di ragnatela in cui sei l’unica a sapere "le verità", perchè sei la più forte, la più ragionevole, la meno vulnerabile. Guardi fili attorcigliarsi attorno a te e devi fare attenzione a non romperne nessuno. A non svelare segreti. A non tradire la fiducia. Tu di verità puoi averne una sola e magari nemmeno quella, che quelle degli altri bastano ed avanzano. E finisce che prendi psicofarmaci. Perchè mentre gli altri cercano le loro verità tu hai perso la tua e ora chissà dove è finita.  Perchè ti sei ritrovata a guardare in esistenze di gente che nemmeno conosci e sei stata costretta a provarne compassione, e non è mica tanto sano.  Ti sei ritagliata o hai accettato un ruolo che nemmeno dio avrebbe sostenuto.
La tua verità non esiste più, disciolta in tentativi di capire quelle altrui, di essere all’altezza, di non predare, di non tradire, di non deludere, di non ferire, di non barare; troppi non.  

Ivano mi racconta di quella volta che, a 16 anni, ha passato la notte a girare per le campagne di Zambana.
"La notte non finiva mai, era come si mangiasse. Poi quando pensavo che restasse notte per sempre è venuta l’alba" Io sorrido e tacciamo per un po’, poi lui mi guarda e dice "C’è gente che non la vede mai in tutta la vita l’alba, vero?"  I suoi ricordi non sono di quelli che noi giudicheremmo belli. Ha cominciato ad entrare nelle istituzioni a 14 anni quando sono morti sua mamma e suo fratello, gli unici che gli volevano bene, e non ne è più uscito. Però ricorda quando andava al Zambel e faceva il bagno nell’Avisio. Ed un negozio con i giocattoli di legno, un Pinocchio che avrebbe tanto desiderato. Ed un giroscale con tanta luce ed una pianta grande. E sorride, mentre lo racconta. Ed io qui a domandarmi come cazzo faccia. Ivano è il più infantile, col suo angelo che perdona alle 11 ed il suo chi è mio papà? Ma quando racconta del fratello che gli insegnava a giocare a ping pong..beh ecco, solo un cretino potrebbe non vederlo.

La gente è stupida. Poi se uno ci tiene alla forma scova qualche espressione più raffinata, qualche termine psicanalitico toh, ma la sostanza non cambia. La gente è sciatta e la sciatteria è la figlia prediletta della stupidità. Poi è tutto un ma io non volevo ma io non pensavo. Ecco, appunto. La sindrome del Di’ quello che ti detta il cuore, l’apogeo della spontaneità e della sincerità. Detto così parrebbe una bella cosa. Una cosa da persone sensibili. Da gente che sa che la vita è complessa, yeah. Come può uno scoglio arginare il mare. Da gente che pensa solo a se stessa. Così compiaciuta dal tremolio delle loro emozioni da non vedere altro. Assordata dalla loro stessa voce che recita Prevert (o i Pooh). Gente che si crede Giulietta e Romeo ed a malapena riescono ad essere i tronisti di Maria Defilippi. La gente ti tocca fare finta di rispettarla perchè è così che si fa, perchè che ne sai tu, perchè siamo tutti isole, perchè sotto questa pelle intonsa ci sono cicatrici, perchè la solitudine gioca brutti scherzi, perchè c’è sempre da qualche parte un senso di rivalsa sulle ingiustizie della vita, perchè non c’è una gomma ancor che non si buchi il mastice sei tu mia vecchia amica la pezza sono io ma che vergogna stavolta tocca a te avanti sogna.
La gente non gli puoi mica dire vaffanculo che stanno sognando e li sveglieresti, e tutti sanno che è maleducazione, se hanno ascoltato i Pooh.

(dedicato al mio interlocutore delle 5 del mattino:))

Ho cancellato il post perchè era una dimostrazione di come sia facile fraintendere, quando si tratta di parole. E di come poi ti trascinino per quei sentieri vecchi dove una sfumatura sembra fare tutta la differenza del mondo, e non è vero. Ci sono luoghi della mente dove un sms può fare la differenza, ma non sono luoghi veri. Non sono luoghi dove la mattina, scendendo le scale, incontri per prima cosa lo sgurdo di una giraffa.

Le cose che mi fanno impressione sono parecchie ed una di queste sono le maglie infeltrite e rimpicciolite da un lavaggio sbagliato. Non ci posso fare niente, mi fanno orrore. Non è che io abbia mai pensato molto ai motivi per cui mi fanno senso le cose più inverosimili, che non ho tutto questo tempo da buttare, ma questa cosa delle maglie mi ha sempre lasciato perplessa. I vestiti piccoli mi piacciono. I vestiti grandi anche. Se un vestito piccolo diventa grande (si slamega insomma) non mi turba. Se un indumento bianco diventa rosato al massimo mi secco un po’ (se è mio, se è di qualcun altro lo butto e amen). Se le maglie si scuciono, si strappano o si ammalano (azzu, il maglione grigio è ammalato) rimango impassibile. I bottoni mi sono indifferenti. Ma le maglie che rimpiccioliscono mi gettano nel panico, e questo non ha una logica e quindi mi irrita.  Di solito le lavo a mano, un po’ perchè mi piace e un po’ perchè la lavatrice per me è come il pc, la uso ma sono convinta che sia irrazionale e sempre sul punto di avere una crisi di nervi e fare qualcosa di inaspettato ed inappropriato, con la differenza che il pc non mi ha mai mangiato le maglie, finora.

Oggi la lavatrice ha rimpicciolito la mia maglia verde.

Questo invece è il cappello che mi ha regalato daniele. Come potete vedere mi sta molto bene, mi ringiovanisce molto.

Di solito io con le persone ho fiuto. Per carità, non che sia infallibile e non mi sia capitato di cambiare idea, ma raramente. Il Salta è una persona che ho conosciuto superficialmente e virtualmente per molto tempo. Qualche sua battuta toscana, qualche chiacchera su musica o condizioni metereologiche o cose così, non molto di più. La mia convinzione che fosse una bravapersona ( e lo ammetto non è un giudizio che attribuisco facilmente) era più una questione intuitiva che dimostrabile. Poi siamo diventati amici e vabbè quella è un’altra cosa. Ma poco fa apro il ng e trovo una sua risposta in un thread aperto da Ab. Il quale posta le foto di una cena natalizia con amici e sì, quello che tramettono è un senso di malinconia ed abbandono. Come è stato rimarcato immediatamente da alcuni. Il Salta ha detto si poteva tacere e sì, sono d’accordo. Non si tratta di approvare o meno Ab, non si tratta di scorinare la solita sequela dei suoi misfatti. Si tratta (io credo) di riuscire per un attimo, solo per un attimo, a scorgere nella miseria altrui, nella pochezza altrui, nella debolezza altrui, la propria. Reale o possibile, non importa. Si tratta della famosa compassione (che non è pietà) . Si possono (e si devono, per come la vedo io) avere dei nemici. Si può odiarli per questioni personali o per questioni di principio. Ma ci deve essere un punto, in loro e nella loro scoperta debolezza, in cui ci si ferma. Ci devono essere dei tabù. Ci deve essere onore.  E le perosne possono venire giudicate da questo, da dove si fermano.

 

Ieri guardavo dolores e pensavo che non si saprà mai. Se la follia arriva come un cavaliere inaspettato e crudele che distrugge tutto ciò che non divora o se siano perdite e dolori a distruggere tutto fino a lasciare un deserto dove il cavaliere possa cavalcare all’impazzata. E poi pensavo che per uomini e donne è diverso, lo vedi. Gli uomini vanno, partono per la pazzia come sono sempre partiti per le guerre, senza girarsi indietro. Ma le donne. Le donne straziate da figli avuti o sognati non sono mai solo in un posto. Tornano indietro per brevi attimi e poi vengono risucchiate di nuovo là, in eterno. Le mani delle donne ricordano cose e si muovono nell’aria in carezze che gli uomini non conoscono.

Poi ti proietti in un’altra famiglia. Le tue mani ricordano gesti che la tua mente ha scordato. Per un momento la pazzia si quieta sotto un odore consueto come un cane che annusi l’aria. Non ti togli di mente dolores che controlla il colore dei calzini, come fosse il suo regalo di natale a te. Non è facile dire o non è possibile dire. Vorresti cogliere ricordi che sembrano la neve artificiale delle palle di cristallo, quelle che devi rovesciare però, ricordi di sms o film francesi o posti riservati in un pezzo di cuore, vorresti fare quella cosa sensata che tutti consigliano, tieniti il buono, il bello. Ma quello che era reale solo nella mente svanisce quando la neve si posa e non tocchi più la boccia.