Accompagno Fry all’aereoporto ma siccome io ci sono già stata non diventa un’esperienza_post, perchè di solito è necessario che entrambi siamo sconvolti ed agitati perchè lo sia. In realtà Fry non è portato ad avere naturalmente fiducia in me in un luogo pieno di tecnologia e di scritte in inglese, ma d’altra parte è abbastanza sicuro che non permetterò che venga scambiato per un terrorista e portato via in manette: così, tra l’eventuale sciagura di sbagliare sportello ed il fastidio di una lunga carcerazione sceglie irrazionalmente la prima. Al check-in scruta perplesso l’espressione annoiata dell’impiegato che sbriga in un attimo le sue formalità e gli restituisce documenti e biglietto: è assolutamente incredulo che l’impiegato non si sia messo a strillare "Lei è un impostore! Questo è un biglietto omaggio per lo spettacolo pomeridiano del Circo Orfei! La sua carta di identià è scaduta 8” fa!" e cose così, in un impeto di onestà vorrebbe dirgli "La prego, ricontrolli, c’è sicuramente qualcosa che non va" ma riesco a convincerlo che non è necessario e si allontana stringendo virilmente il suo biglietto sul cuore. Mentre prendiamo con nonchalanche un caffè al bar guardo gli aerei sulla pista e penso che non ho nemmeno una lontanissima idea di come fanno a stare su, tranne che non sbattono le ali, mi pare, e mi stupisce la totale e cieca fiducia che nutro nelle persone, visto che nonostante questo ci salgo senza problemi.  Chissà perchè volare mi è sembrato meno innaturale che nuotare, è vero che il Signore voleva che volassi mi faceva le ali..però se se voleva che nuotassi mi faceva le pinne e anche muta, quindi lì non ci sono possibili interpretazioni sulla Sua volontà, no?
Poi Fry parte ed io piango molto.

 

Per rimanere qui (da questa parte della riva) ho solo le parole di Kavafis, quando vorrei tuffarmi senza saper nuotare e dire non importa e dire dall’altra pare starò meglio. Dire fatemi posto qui tra i vostri 5 minuti di felicità ed i vostri campi di papavero tra la vostra dignitosa infelicità ed i vostri sciatti sentimenti, chiederò scusa per l’arroganza, per il disprezzo, farò penitenza per la superbia abbasserò la voce mormorerò nel buio che la vita mi ha piegata come un giunco e scriverò cose che vi piaceranno, scriverò confessioni trattenute mascherate da amarezza adulta ed accidiosa e mi vorrete bene, massì..
Ma non so abbandonare il mio smeriglio ed i miei cristalli e quelle poche persone che mi vogliono da questa parte, che vivono da qualche parte su questa riva. Mi porto addosso una vita spuria e cieca inseguo la mia fata invecchiata male quando inveisce tra i rovi ed impazzisce e la trascino davanti a quelle poche persone che la vedono davvero finchè si quieta e torna a respirare. Ho rinunciato alla solennità ( a malincuore) ed al conforto di una vita infelice, dei rituali dello scambio di armi ormai in disuso, alla cerimonia delle ferite esposte, ho rinunciato a vivere abusivamete come un guerriero a riposo.
Per poter dire che rimango qui, qualunqe cosa accada, perchè io non ho paura.

"Come è costituito il modo di essere-nel-mondo di chi sia risucchiato dal fascino enigmatico e strisciante delle sirene anancastiche? Il discorso di von Gebsattel sfonda ogni apparenza sintomatologica, e scende nella radicale profondità dei fenomeni ossessivi: cogliendo la presenza in questo mondo, degli sguardi velenosi e stregati dell’angoscia, dell’inquietudine, dello sgomento, del terrore, della nausea. Nel mondo-della-vita anancastico non ci sono più cose ovvie e cose inermi, e docili, ma solo figure scarnificate dall’angoscia e dalla preoccupazione: dalla mancanza di quiete e di silenzio. […] La ragione (antropologica) ultima di questo stato di cose, che si viene articolando nelle sue diverse forme di espressione e di vita, è ricondotta nel senso di von Gebsattel alla trasformazione (alla distorsione), del tempo vissuto che si ha nell’esperienza anancastica. In essa dilaga la dimensione (agostiniana) del passato che continua a persistere nell’orizzonte temporale: senza che sia possibile eliminarlo e senza che sia possibile viverlo come concluso: come oltre-passato (come trasceso). Non c’è mai fine a un’azione (a un pensiero, a un’immaginazione, a un impulso, a un’iniziativa) che non si concluda: nel vortice di un’angoscia che non si placa e non si spegne. Nell’esperienza anancastica questo ristagnare del passato (della dimensione del passato), questa incompiutezza del passato (di ciò che si è fatto e si è pensato nel passato), non è se non la conseguenza della impossibilità a progettarsi nel futuro."
(Eugenio Borgna – Le figure dell’ansia)

ps: Bonemachine, dove sei? con chi parlo io di queste cose, eh? con Fry?

A me non piace scontentare le persone, soprattutto se ben intenzionate. Così capisco perfettamente che l’ottima signora Caola del Museo tridentino di scienze naturali è spinta dal sincero desiderio di riappacificarmi con i pipistrelli, anzi direi che ne ha quasi fatto la sua missione, e per questo almeno una volta al mese mi invita a degli incontri sull’argomento. L’accattivante tema dell’ultimo era "Lo so che ogni persona di buon senso prova schifo verso i pipistrelli, ma se il Signore li ha creati avrà avuto i suoi motivi no? Ed allora non si potrebbe trovare una soluzione di compromesso, del tipo non amarli ma non sparargli?" Io ho inviato una mail invitandola alla serata con tema "Sì, ma lei che è in confidenza non potrebbe convincerli a farsi il nido la tana o quello che è in un posto che non sia il _mio_ sottotetto?". Ormai io e la signora Caola comunichaimo così, a serate a tema. E’ un dialogo che procede lentamente, dato l’argomento, ma che non si interrompe. Per non dare l’impressione di essere troppo pressante ogni tanto la signora Caola mi invita a serate con temi diversi, ad esepio: "Gli ungulati: perchè loro non fanno schifo ed i pipistrelli sì?". Ho notato che ultimamente i relatori sono spesso psichiatri e psicologi ad indirizzo comportamentale ma non essendo di indole sospettosa non attribuisco a questo particolari significati.  Questa mattina ho trovato l’ultima mail, dove mi invita alla serata a tema "Rapporto conflittuale con i pipistrelli ed insorgenza di stati patologici nella sfera emotiva: prospettive terapeutiche non violente". L’ho girata a Danilo….

Se ti avessi incontrato
la notte in cui ho ucciso qualcuno
forse ti avrei seguito in capo al mondo
beffando fato e sorte
in una sarabanda scostumata
avremmo avuto figlie con i fianchi stretti
e gonne rosse contro la sfortuna
ed il cielo si sarebbe capovolto
per darci l’illusione di volare
Se ti avessi incontrata sulla porta
mentre tenevo stretto il mio destino
che non mi abbandonasse come un cane
mi avresti forse detto qualche cosa
e sarebbe quello ora, il mio rumore.

La mia vita è stata costellata da lugubri Cassandre che mi preannunziavano sciagure e sfortune come (per altro meritatissime) conseguenze della mia avventatezza ed incoscienza. I giovani sanno di cosa sto parlando, non è vero? In realtà i guai sono arrivati come (statisticamente) è probabile arrivino per chiunque, ma stranamente mai dalla direzione da cui dicevano gli altri e nemmeno con quella forma. In compenso le mie Cassandre avvedute e prudenti non sembrano godere poi di così buona salute, almeno a giudicare dal numero dei loro sospiri. I miei non hanno ancora rinunciato a vedere la rovina di questa loro figlia facile preda di qualunque malintenzionato ed opportunista e mia madre in particolare vede come una specie di insulto personale che io sia felice.  A che serve rinunciare ad un sacco di cose, se poi chi non lo fa non viene punito dalla giustizia divina? Per carità, la formichina è saggia e lodevole…ma sarebbe stato forse più accorto da parte sua controllare che tutte le sue scorte non fossero deperibili. Perchè diciamolo, a che ti serve un granaio pieno di qualcosa che non puoi mangiare? A fare gnè gnè alla cicala? Sai che gliene fotte, alla cicala. A volte credo che gli adulti siano come il vecchio della canzone di Vecchioni, perchè non ci vedo un’altra soluzione. Quando arrivi a 50 anni la verità la sai ed è terrificante nella sua semplicità: il tempo passa a tua insaputa e basta ascoltare Smarcanda per sapere che non serve a nulla dire corri cavallo corri ohoh. Allora perchè dire ai figli spreca la tua vita? Perchè far finta di non sapere quali sono le cose che hanno contato e quelle che invece ci si sono incenerite tra le mani? Icaro morirà accanto al sole sì, come chiunqe sia rimasto nascosto nell’ombra…ma il suo viaggio, beh il suo viaggio…:)

Qualcuno che capisca la necessità e le ragazze che possono uccidere e che riconosca un’indole contemplativa prestata alla vita e sappia che no, le scelte non ci sono, non esistono. Che tutto quello che devi fare per tempo è dare nomi, che ci sia un poco di ordine e una possibilità di sopravvivere.  Qualcuno che veda il predatore e la fame da asceta e che ne capisca il senso. Ma non per gratitudine o per altare nè per addomesticare la solitudine, ma no, soltanto per non disfare tutto. Qualcuno che abbia dimenticato la sua morte randagia in giro per il mondo e ne tenga una sbiadita fotografia vicino al cuore ma non la guardi mai…qualcuno come te.

In tedesco Schatz è una parola familiare e  consueta priva di quell’ampollosità che proibisce a qualunque persona dotata di buon senso di pronunciare a voce alta il corrispettivo italiano.  I tedeschi ne sanno e non rovinano le parole e raramente le usano a casaccio. I tesori sono quelli di quando si è bambini, quelli sognati cercati tenuti nascosti mostrati mai o poche volte, guarda il mio tesoro. Sono quelli nelle scatole ammaccate che non hanno un valore per nessuno se non per te perchè conservano odori e suoni e che regali senza che chi li riceve sappia che forse il cielo ti cadrà sulla testa e forse li perderà perchè erano solo un pezzetto di carta o un bottone, alla fine. I tesori si perdono nel mondo e va bene così e non ti dispiace di non averne più notizie ma qualche volta voresti averne. E se qualcuno ti dice che sei il suo tesoro ti senti lieve e gentile come una pagina vecchia di un fumetto succhiata sul bordo. E del resto non te ne importa più niente.

Io penso che non riuscirò mai a spiegare a qualcuno la differenza. Quando parli di amore, di storie, prima o poi tutti usano lo stesso verbo, _dare_: non ti posso dare, non mi puoi dare, non chiedevo molto, non davi abbastanza…Il dare non c’entra un cazzo, come fai a dirglielo? Non ho bisogno di niente e non ho niente di cui gli altri abbiano bisogno. Voglio solo che tu mi lasci essere. Senza sommergermi di cose, di amore, di preoccupazione di protezione. Voglio che non cerchi di capirmi e non voglio che ti aspetti che ti capisca. Voglio che non te ne freghi niente di farmi del male e fregarmene di fartene. Voglio non potere così tante cose da mancarmi il respiro e che tu sappia che non puoi e che ce ne fottiamo. Voglio che tu non abbia fiducia in me e che mi permetta di non averne in te e voglio non sapere se mi acciufferai per i capelli o se mi lascerai annegare e che tu sappia che forse guarderò da un’altra parte e ti lascerò morire.

Voglio che mi ami.