Ti alzi e brandelli di fantasmi ed orchi rimangono tra le lenzuola, qualche pezzo ti si è appiccicato addosso e ne senti l’odore scendendo le scale, preparando il caffè. I sentimenti se ne stanno raggomitolati sotto il letto tremanti e sudaticci, non sopporti la vista della loro incontinenza e dell’impudicizia ma anche se distogli lo sguardo ti raggiunge il rumore, come uno sciacquettio di acqua sporca. Sarebbe facile annegare in quel centimetro di liquido stagnante, pensi, dirti ci ho provato, dirti è il mio destino. Sarebbe facile prendere la bambina ed annegarla lì e dirle è per il tuo bene. Sussurrarle eri malata. Guardarla controrcersi nell’agonia con la  segreta speranza che altri vedano la sua morte nuda e che questo sia il suo riscatto. La sua vendetta.
Indossare finalmente gioielli (ah, figlio saggio!) e dirsi sei troppo grande, adesso, per scendere a percorrere con le dita le pareti umide della cantina, adesso lo sai che non sarà sufficente a saziare nessun mostro.
Sarebbe facile dire vestimi, indosserò qualunque abito, che importa se mi è corto è largo, che importa se non è pulito o se puzza, le madri sono imperfette qualche volta e ti scambiano con qualcun altro, figurati gli altri.

Ma io ho dei debiti verso la vita, grazie al cielo, e non lo farò.