C’è stato un momento ieri sera in cui per la prima volta ho capito la calma impassibile di certi colleghi di fronte ad una situazione che pare sfuggire di mano da tutte le parti. Non è indifferenza e non è nemmeno esperienza, tecnica. E’ qualcosa che per descriverlo bisognerebbe scomodare parole che non voglio più adoperare, sciupate come sono state nell’insulso commercio con la gente. Ma ha ragione Borgna, quando questo io che veneriamo come un simulacro pagano sembra dissolversi lasciandoci sgomenti ed inermi, allora risuona dentro qualcosa di atavico, di non contaminato, pura forma che è sostanza o viceversa. Ci sono momenti in cui tutti i loro demoni sembrano risvegliarsi all’unisono e ti danzano davanti e, oh, li puoi riconoscere, se vuoi.  E pensi che la poesia deve essere nata da lì, mica dai cieli stellati e dai manierismi e che è l’unico linguaggio possibile. Quello della contemplazione. E se non te ne vai, se i tuoi pensieri non si rifugiano nelle parole di plastica della dignità e del rispetto..beh se non te vai sei lì.